Non avrei mai pensato di scrivere uno dei miei primi editoriali su una pagina così triste per la Capitanata, su un argomento che travalica la linea editoriale del mio magazine. Abbiamo scelto di concentrarci solo sul “bello della Capitanata“, come recita il nostro claim, eppure questa volta il bello è protagonista di uno scempio senza precedenti.
Tra giugno e luglio, un’ondata di incendi ha investito con violenza l’intera provincia di Foggia. Nella sola Capitanata si sono registrati circa 460 roghi nelle prime tre settimane di luglio, con un aumento del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo Coldiretti Puglia e i principali organi di stampa nazionale e regionale, tra il 1° giugno e il 12 luglio sono andati in fumo 2.829 ettari, di cui ben 1.609 solo nella provincia di Foggia.
Le fiamme hanno colpito duramente vaste aree del territorio della Capitanata: il primo grave incendio l’8 giugno 2025 a Lucera, che ha mandato in fumo una vasta area boschiva ai piedi del castello federiciano. Brucia anche il bosco di Serracapriola, brucia anche la vegetazione di Marina di Lesina, scoppia un incendio a Chieuti. Ma non finisce qui: ancora fiamme persino sui Monti Dauni dove brucia il bosco nei pressi di Motta Montecorvino. Fiamme alte anche sul verde di Cagnano Varano e nel bosco La Difesa di San Marco in Lamis, dove l’incendio ha colpito duramente anche gli allevatori in località Montenero.
Panico a San Giovanni Rotondo, dove le fiamme hanno minacciato le abitazioni nelle località Costa e Monte Castellana, rendendo necessaria l’evacuazione di circa 70 famiglie. Famiglie che hanno dovuto lasciare le proprie case in fretta, mentre il fuoco, alimentato dal vento e dalla siccità, si riaccendeva più volte. L’intervento tempestivo dei vigili del fuoco, di ARIF e di tre Canadair ha evitato il peggio, ma la paura e i danni restano profondi.
Il capitolo più drammatico di questa estate avvolta dalle fiamme dell’inferno è quanto accaduto all’Oasi Lago Salso, a Manfredonia, dove si è consumato uno dei peggiori disastri ambientali degli ultimi decenni. Oltre 800 ettari di habitat protetto sono andati in fumo. Il WWF Foggia ha definito questo evento come il più grave nella storia del Gargano dal 2007, chiedendo interventi urgenti e una presa di posizione chiara da parte delle istituzioni competenti.
Secondo quanto si apprende, le conseguenze sono devastanti. La biodiversità è stata compromessa, molte colture agricole sono andate perdute e si temono effetti idrogeologici che richiederanno decenni per essere pienamente recuperati. Brucianti anche le dichiarazioni di Coldiretti Puglia, secondo cui almeno sei incendi su dieci sono da attribuire ad azioni criminali. La Prefettura di Foggia ha reagito convocando un vertice con i sindaci del territorio, le forze dell’ordine e i vigili del fuoco, annunciando il potenziamento della sorveglianza attraverso l’uso di droni, sistemi di videosorveglianza e pattugliamenti notturni.
Servirà? Non spetta a me dirlo, che ho solo l’onore di raccontare e analizzare i fatti. Ma sicuramente posso dare voce a quanti cittadini e amanti di questa terra hanno scelto di restare e combattere. La Capitanata brucia, e non solo per il caldo. Brucia per l’assenza di strategie, per i ritardi strutturali, per la mano criminale che continua ad agire indisturbata.
Come direttrice di Foggia Magazine e come cittadina di questa terra, sento il dovere di sollecitare un impegno collettivo: dalle istituzioni ai singoli cittadini. Questa non è più un’emergenza, è una ferita aperta al cuore del nostro patrimonio naturale e sociale. Non possiamo più permetterci di reagire solo quando è troppo tardi. Il rischio? Non solo il danno ambientale ed economico. Ma la fiducia “bruciata” da parte di chi si sente tradito. E con la sfiducia nelle istituzioni e nel futuro un territorio muore.
È questa la fine che vogliamo fare?
QUELLO CHE FU…. OASI LAGO SALSO
Nel cuore del Parco Nazionale del Gargano, tra le terre pianeggianti dell’agro di Manfredonia, sorgeva l’Oasi Lago Salso: una delle aree umide più importanti d’Italia per la biodiversità. Questo scrigno naturalistico, ha appresentato un habitat prezioso per centinaia di specie animali e vegetali, molte delle quali rare o minacciate. La flora dell’oasi è caratterizzata da una vasta varietà di ambienti: canneti, prati umidi, zone palustri e specchi d’acqua dolce e salmastra. Qui era possibile osservare piante tipiche delle zone umide, come la cannuccia di palude, il giunco e diverse specie di salicornie. L’oasi era un punto di sosta fondamentale per l’avifauna migratoria. Aironi rossi, cavalieri d’Italia, fenicotteri rosa, cicogne e numerose specie di anatre sceglievano il Lago Salso per nidificare o riposarsi durante i lunghi viaggi migratori. Non mancavano rapaci come il falco di palude e persino il raro nibbio reale. Nelle acque vivevano pesci, rane, testuggini palustri e, tra i mammiferi, istrici, volpi e cinghiali. Uno scrigno di biodiversità andato ormai irrimediabilmente perduto.
© Tutti i diritti riservati. Riproduzione concessa solo citando espressamente la fonte.